top of page
Cerca

Non bisogna avere paura di sognare un po’ più in grande, amico mio

  • Immagine del redattore: Nicola Arnese
    Nicola Arnese
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

C’era questo bambino, avrà avuto otto anni, alla piscina comunale. Magrolino, braccia sottili, quegli occhi che ancora non conoscono la paura. È salito sul trampolino più alto come se fosse l’Everest, scalzo, serio come solo i bambini sanno essere.


Arrivato in cima, si è fermato. Ha guardato giù, poi dietro, si è grattato un orecchio come in attesa di un segnale. Poi, senza fare storie, si è buttato. Non con eleganza, ma come un pacco lanciato per aria.


Splash.


E quando è riemerso, rideva così forte che quasi non respirava.


Non si è buttato perché si sentiva pronto. Si è buttato perché dentro di lui qualcosa diceva: “Perché no?”


Quando siamo piccoli, i sogni sono come gli aquiloni: carta, due stecche, un filo.


Fragili, sì, ma volano.


Un giorno vogliamo fare gli astronauti. Il giorno dopo, scappare con il circo. E se diciamo che scaviamo un tunnel fino in Cina, cominciamo subito dopo pranzo, con un cucchiaio di plastica nella sabbia.


Nessuno ci dice che il sogno è troppo grande. O forse ce lo dicono, ma noi non li ascoltiamo. Le nostre orecchie sono sintonizzate su qualcos’altro, qualcosa di più leggero, qualcosa di piu' grande.


Poi cresciamo. E pian piano, quel filo si accorcia. Ci insegnano che bisogna "avere i piedi per terra". Impariamo. Cominciamo a sognare in minuscolo. Smettiamo di sognare.


Ma ogni tanto, se siamo fortunati, qualcosa sveglia il bambino che eravamo.

Una scena di un vecchio film.

Il suono del mare.

Un profumo.

Una telefonata inaspettata. 

O qualcuno che fa una cosa meravigliosamente insensata.


E ci ricordiamo com’era credere nelle cose senza fare troppi calcoli.


Perchè alla fine non conta se il sogno si realizza.


Conta se ci ha fatto alzare lo sguardo. Se ci ha fatto salire più in alto di quanto pensavamo possibile. E se ci ha fatto sorridere, anche solo per un attimo, come quel bambino appena riemerso dall’acqua.


 

Nicola Arnese accompagna persone e team a riconnettersi con ciò che un tempo le faceva sognare — con coraggio, libertà e senza chiedere il permesso. Attraverso il business coaching, il talent coaching e il group coaching, aiuta a ritrovare chiarezza, direzione e forza, anche quando la strada davanti non è ancora ben definita.

Se vuoi esplorare questo percorso, puoi prenotare una sessione di coaching gratuita e senza impegno per accedere a un ciclo di coaching pro bono. Nicola offre queste sessioni nei suoi momenti liberi, così da non creare conflitti con altri impegni professionali — potrebbe essere necessaria una certa flessibilità nella pianificazione.

 
 
bottom of page